Sempre di più oggi ci si interroga su come far sì che la formazione professionale possa facilitare processi ricchi di costruzione di conoscenza, nella e attraverso la pratica lavorativa, a partire dalla consapevolezza che tale pratica incorpora numerosi significati e valori (di carattere tecnico, ma anche, più ampiamente, culturale, storico, antropologico, relazionale, etico, estetico), coinvolge il soggetto nella totalità delle sue dimensioni (braccio, mente, cuore, sensi, relazioni, pensieri, emozioni...) e può contribuire ad uno sviluppo umano complessivo.
Una migliore comprensione delle pratiche lavorative - e della conoscenza pratica che in esse si custodisce e attraverso di esse può essere sviluppata - consente una migliore comprensione anche dei processi che possono facilitare lo sviluppo della conoscenza e, più in generale, lo sviluppo della persona e dei contesti sociali, oltre che di quelli lavorativi. Il cambiamento che, in questi ultimi decenni, ha condotto ad una nuova epistemologia della pratica lavorativa, e può dunque suggerire nuove modalità di pensare e di realizzare la formazione continua, si articola almeno in tre momenti, tra loro profondamente interconnessi, che possiamo denominare: la svolta pratica, la svolta riflessiva, la svolta narrativa.
È a partire da queste svolte che ci sembra possibile indicare anche alcune traiettorie operative per una didattica della formazione professionale, iniziale e continua, che non guardi al lavoro come a qualcosa che deve avvenire "dopo" la formazione, ma come ad un luogo formativo esso stesso, nel quale è possibile uno sviluppo anche di quelle competenze personali che un tempo si pensava di potersi aspettare solo da percorsi di formazione generale, il più possibile distanti da qualsiasi attività pratica.