Nella sua definizione di bioetica, che segna anche la nascita di questa disciplina, Van Potter aveva immaginato un ponte tra saperi scientifici e saperi umanistici. In realtà, questa aspettativa è stata delusa, per due volte: ben presto, infatti, al posto di una nuova prospettiva sulla realtà si è avuta una nuova disciplina specifica; e, piuttosto che ai saperi, al plurale, la bioetica si è rivolta – e, per molto tempo, in modo esclusivo – all’ambito medico. Cinquant’anni dopo, cosa resta del cambio di paradigma immaginato da Van Potter? Stretta tra la morsa della medicalizzazione e del biodiritto, la riflessione etica conserva un ruolo marginale e si mostra lacunosa nel fornire delle indicazioni di carattere normativo e applicativo. Per di più, medicalizzazione e biodiritto insieme sembrano anche determinare quello che potremmo chiamare l’orientamento complessivo della sfera di senso e di motivazioni che per sua natura dovrebbe invece appartenere proprio alla riflessione morale, e più in generale filosofica, gettando così una seria ipoteca sul futuro stesso della bioetica. Alla luce di queste problematiche, le quali interrogano il senso profondo delle professioni medica e giuridica, e hanno ricadute importantissime sulla cittadinanza e sul senso complessivo della nostra società, il Centro “EThoS – Ethics & Technologies of the Self” dell’Università di Verona e il gruppo di ricerca “Etica fondamentale ed etica applicata" dell’Università di Padova organizzano un workshop di una giornata per confrontarsi su questi temi e provare a dare una risposta condivisa in un’ottica interdisciplinare.
Title | Format (Language, Size, Publication date) |
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Programma | pdf (it, 2099 KB, 26/04/23) |
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