Antonio Bernardi della Mirandola (1502-1565), ed. Marco Forlivesi (Firenze: Olschki, 2009)
(2009)
Autori:
Pozzo, Riccardo
Titolo:
Antonio Bernardi della Mirandola (1502-1565), ed. Marco Forlivesi (Firenze: Olschki, 2009)
Anno:
2009
Tipologia prodotto:
Recensione in Rivista
Tipologia ANVUR:
Recensione in rivista
Lingua:
Italiano
Formato:
A Stampa
Nome rivista:
BRUNIANA & CAMPANELLIANA
ISSN Rivista:
1724-0441
N° Volume:
15
Numero o Fascicolo:
2 (2009)
Editore:
Firenze: Olschki, 2009
Casa editrice:
Firenze: Olschki, 2009
ISBN:
9788822258465
Intervallo pagine:
532-534
Parole chiave:
Bernardi della Mirandola; Rinascimento; logica
Breve descrizione dei contenuti:
Nato a Mirandola da una nobile famiglia di provenienza milanese nel 1502, Antonio Bernardi della Mirandola conduce una vita in gran parte esterna al mondo delle università. Studia filosofia a Bologna dove segue le lezioni di Pietro Pomponazzi e Ludovico Boccadiferro, ma le incombenze relative agli studi teologici e all’ordinazione lasciano passare più tempo del solito e così Bernardi si laurea all’Università di Ferrara solo nel 1533 sotto la direzione di Giovanni Mainardi e Antonio Musa Brasavola. Nel 1533 viene incaricato dell’insegnamento della logica all’Università di Bologna, che svolge dal semestre invernale 1533/34 fino a quello del 1536/37, non senza che la provocatorietà delle sue tesi provochi forti critiche da parte degli averroisti, dei tomisti, dei simpliciani e dagli scotisti. Nel 1537 è promosso alla cattedra straordinaria di filosofia, alla quale accede leggendo de auditu physico nel semestre invernale 1537/38 e de coelo et mundo nel semestre invernale 1538/39 (come recitano i rotuli, citati a p. 116s.).
L’emblematista Achille Bocchi dedica a Bernardi il simbolo 62 delle Symbolicarum quaestionum de universo genere […] libri quinque (Bologna 1555), il simbolo della dialettica, divina e socratica facultas, riconoscendo a Bernardi un orientamento platonico-ciceroniano e dunque antiaristotelico, antiapodittico e sermocinale. Ma già qui, nota opportunamente Annarita Angelini, saltano agli occhi le difficoltà della posizione di Bernardi, che apre il fianco a interpretazioni della scienza suprema di Platone in una mera ars sermocinalis, sganciando l’ars bene disserendi dalla sua origine noetica e facendone l’espressione più completa della modalità dianoetica del sapere (p. 120). In verità, però, Bernardi ripete senza timore di ridondanza la sua adesione all’aristotelismo di Aristotele, prima cioè della pletora degli interpreti, quasi sempre fuorvianti, se non addirittura falsi e in cattiva fede (p. 121). Scrive Bernardi nella prefazione della In universam logicam institutio (Basilea 1545, fol. A2r-v): “Paulus Venetus et Petrus Hispanus [...] tantum enim absunt [...] a sternenda ad Aristotelis cognitionem via, ut omnem etiam ad illam auditum praeclusisse videantur [...] pleraque etiam tradunt, quae a peripatetica ratione atque doctrina abhorrent”.
Più della professione di fede aristotelica, colpisce i contemporanei la tesi di Bernardi circa l’estraneità delle Categoriae dall’Organon. Tesi questa, scrive Angelini, che per quanto ricondotta dal suo formulatore alla richiesta di un ripristino della puritas aristotelica, “sgancia la logica, e parimenti la dialettica, da qualunque vincolo metafisico e ne esalta la dimensione esclusivamente instrumentalis” (p. 123). Si tratta di una riattribuzione di competenze che conferisce alla logica una neutralità e una versatilità che nessun altro livello del sapere le avrebbe potuto contendere (p. 125).
Centrale, in Bernardi, l’approccio epistemologico, basato sul sintagma modus cognoscendi, che diventerà di uso comune dopo l’appropriazione della strumentalità della logica da parte di Jacopo Zabarella (1533-1589). Per Bernardi, il soggetto proprio della logica non sono né le orazioni né le categorie, ma esclusivamente il modo di conoscere (p. 37). La logica nulla ha a che fare con le categorie, visto che si occupa esclusivamente delle regole che conducono alla costruzione di proposizioni, definizioni e sillogismi (p. 55). Se da una parte Bernardi nega dunque che le seconde intenzioni, i concetti di concetti, siano oggetti della logica, per se stesse o in quanto aggiunte alle prime intenzioni (p. 93), la sua concezione rispetto alla natura degli universali lo colloca nei ranghi dei più decisi sostenitori del realismo (p. 63).
Un fatto gravissimo verificatosi nel corso del 1539, sul quale però non si trovano informazioni nel volume (nonostante la menzione a p. 183), porta Bernardi a
Id prodotto:
58488
Handle IRIS:
11562/346784
depositato il:
15 dicembre 2010
ultima modifica:
24 novembre 2022
Citazione bibliografica:
Pozzo, Riccardo,
Recensione a Antonio Bernardi della Mirandola (1502-1565), ed. Marco Forlivesi (Firenze: Olschki, 2009),
«BRUNIANA & CAMPANELLIANA»
, vol. 15
, n. 2 (2009)
, 2009
, pp. 532-534