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Pòlemos e giustizia nella cultura greca: da Solone a Platone  (2003)

Autori:
Napolitano, Linda
Titolo:
Pòlemos e giustizia nella cultura greca: da Solone a Platone
Anno:
2003
Tipologia prodotto:
Contributo in volume (Capitolo o Saggio)
Tipologia ANVUR:
Contributo in volume (Capitolo o Saggio)
Lingua:
Italiano
Formato:
A Stampa
Titolo libro:
La guerra. Una riflessione interdisciplinare
Casa editrice:
Edizioni Università di Trieste
ISBN:
8883031210
Intervallo pagine:
83-132
Parole chiave:
guerra; pòlemos; stàsis; Solone; Platone
Breve descrizione dei contenuti:
Il lavoro – prodotto entro una riflessione interdisciplinare sulla ‘guerra giusta’- inizia con l’analizzare la considerazione di Platone, nel I libro delle Leggi (626e-626a), circa l’esservi sempre, “nella realtà delle cose, per forza di natura”, una guerra dichiarata di ogni Stato contro ogni altro: ma tale realtà conflittuale, subito estesa, qui, ad altri microcosmi (villaggio, famiglia, individuo, anima) segnala la coimplicazione stessa fra pòlemos e dikaiosyne, poiché, fin dai tempi di Eraclito (fr. 53), è il pòlemos, opponendo e però bilanciando i diversi, ad aver funzione ‘morfogenetica’ dell’intero stesso ch’essi costituiscono e della generazione della stessa dikaiosyne. Nel mondo greco antico e secondo letture storiche concordi, sarebbe il conflitto a risolvere, tramite una continua e ridefinita mediazione, problemi d’ordine economico. Così va intesa la definizione tradizionale di giustizia data in apertura della Repubblica (giovare agli amici e danneggiare i nemici, 331d-336a), ripresa della categoria esiodea della “buona contesa” (Erga, 11-26), quella di quanti si misurano lealmente l’uno contro l’altro davanti ad un pubblico, che decreta la vittoria del migliore fra essi. Del resto, per sopravvivere, agli uomini delle origini occorrono, secondo il mito del Protagora (322b-c), non solo il complesso delle arti tecniche, ma anche l’arte politica “di cui è parte la tecnica militare” e i doni di rispetto e giustizia, inviati da Zeus a tutti. Anche le notizie sulla tecnica del combattimento oplitico ribadiscono tale legame fra politica e guerra: Aristotele indica, nella Costituzione degli Ateniesi (IV, 1-2), che la cittadinanza era concessa a chi fosse in grado, coi propri mezzi, di dotarsi di un’armatura da oplita (elmo corinzio, schinieri, corsetto, spada corta, lancia e appunto hòplon, il celebre scudo rotondo del diametro di 1 metro). Vero tutto ciò, si evidenzia però nella Grecia di V secolo una sensibilità a ‘giustificare’ la guerra, sia rispetto all’atto stesso del dichiararla (ius ad bellum), sia rispetto ai modi con cui essa poi è condotta (ius in bello). Nel primo caso, è tradizionalmente ammesso il criterio cosiddetto dell’antipeponthòs (restituzione), secondo Simonide (Resp. 332b-d), Esiodo (fr. 174 Rzach), i Pitagorici (DK 58 B 4) e poi Senofonte (Mem. IV 2, 15) . Ma Platone critica tale nozione negando che la giustizia possa mai servire a danneggiare qualcuno, sia pure un nemico, mentre Aristotele, articolando i vari tipi di giustizia, nega ch’essa sia sempre e solo la restituzione di 1 a 1, poiché occorre distribuire anche secondo il merito (Eth. Nic. VIII 11, 1160a). Anche lo ius in bello (diritto comune non scritto, di fondazione divina o naturale) giunge a graduare l’aggressività: erano dichiarati inviolabili i santuari; i periodi di pace panellenica consacrati agli dèi; il diritto dei vinti a recuperare i caduti; gli ambasciatori ed i vinti supplici. La validità di tali norme è testimoniata proprio dal clamore suscitato dalle corrispondenti violazioni (caso di Ettore, alla fine dell’Iliade; caso di Polinice nell’Antigone, echeggiante l’episodio della battaglia di Delio del 424 a.C; genocidio di Melo da parte degli Ateniesi del 416 a.C.). Così si giustificano del resto le prescrizioni per una ‘guerra giusta’ date da Platone (Resp. 469b-470b). Il tratto più significativo, però, è quello che distingue il pòlemos, ‘giusto’ poiché fonte di conflittualità bilanciata, dalla guerra distruttiva ed intestina (stàsis): questa è l’indebito e indiscriminatamente violento prevalere, l’ adìkos nikàn, di un opposto sull’altro, che però comporta la distruzione dell’intero di cui quelli entrambe sono parti. Si esaminano per giungere a definirne la significatività varie fonti: Aristotele, nella Costituzione degli Aten
Pagina Web:
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Id prodotto:
45015
Handle IRIS:
11562/318147
depositato il:
4 novembre 2012
ultima modifica:
1 novembre 2022
Citazione bibliografica:
Napolitano, Linda, Pòlemos e giustizia nella cultura greca: da Solone a Platone La guerra. Una riflessione interdisciplinareG. MANGANARO FAVARETTOEdizioni Università di Trieste2003pp. 83-132

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