La ricerca nasce dalla sperimentazione, nelle istituzioni sociali e sanitarie, di dispositivi di accompagnamento e di cura rivolti alle donne migranti e delle loro famiglie e dal percorso di formazione-ricerca-azione-partecipata (FRAP) rivolto alle professioniste e ai professionisti dei servizi socio-sanitari ed educativi di Verona e provincia.
La ricerca si connette con i dati forniti dal Progetto N.A.Ve (Network Antitratta-Veneto) finanziato dal Dipartimento Pari Opportunità, all'interno del Piano Nazionale Antitratta, approvato dal Governo nel febbraio 2016 e iniziato a settembre 2016, presentato dal Comune di Venezia e da una rete di partner pubblici (tutti i capoluoghi di provincia del Veneto) e del privato sociale della Regione Veneto. Il Dipartimento di Scienze Umane dell’Università di Verona è uno dei partner.
Una prima analisi dei servizi dell’area veronese rivela alcune problematiche relative alla presa in carico delle donne e madri sex-workers implicate nella tratta e provenienti dalla Nigeria. Attualmente sono in aumento le minorenni, in particolare la città di Verona risulta avere la % più alta di tutta la regione Veneto di giovani donne nigeriane.
Nella ricerca si interrogano le pratiche messe in atto nel lavoro di cura, i modelli di relazione con le persone migranti agiti nei servizi socio-sanitari ed educativi, gli aspetti normativi, l’immaginario sulle migranti e sulla prostituzione, l’immaginario istituzionale relativo alla questione “vittime di tratta”. Lo scopo condiviso è di elaborare un dispositivo multisituato di cura attraverso l’introduzione della figura “dell’esperta per esperienza”, portatrice di expertise formative per gli operatori stessi.