Questo piano di ricerca biennale si pone in continuità con alcune ricerche avviate negli scorsi anni (Colombo, Nicotra, & Marino, 2002; Pasini, Colombo, 2003), rivolte principalmente allo studio dei processi cognitivi coinvolti nella formulazione di una preferenza, con lo scopo, in particolare, di osservare gli effetti del contesto sull’espressione di preferenza. L’approfondimento delle problematiche relative alla formulazione di una preferenza è legato ad importanti risvolti applicativi (sia in ambito pubblico, ad esempio nell’analisi dei costi/benefici per le decisioni in ambito politico e/o amministrativo, sia in ambito privato, ad esempio nell’approccio del consumatore alla scelta di un prodotto, o nella presa di decisioni personali).
La convinzione che al di sotto delle decisioni ci sia esclusivamente la razionalità portò a costruire un modello preciso della razionalità economica universale e alla formulazione della teoria normativa della decisione, da parte di Von Neumann e Morgerstern (1944), secondo cui un’azione è razionale se massimizza l’utilità derivante dall’esito di una scelta. Di fronte a questa teoria, anni di ricerche di psicologia cognitiva hanno sottolineato la non rispondenza empirica tra le assunzioni sulle capacità dei decisori e le effettive caratteristiche umane nell’acquisire e processare solo quantità limitate di informazioni; le critiche investirono direttamente la struttura interna della teoria e in particolare i principi di invarianza, transitività e dominanza (Kahneman & Tversky, 1979; Shafir, 1993; 1995; Huber, Payne, & Puto, 1982).
Le ricerche condotte in particolare nell’ambito dell’espressione di una preferenza hanno permesso di riconoscere che le preferenze non sono basate su cognizioni statiche e precostituite: le persone non dispongono cioè di un “insieme di preferenze” ben definito entro lo spazio dei vantaggi che una scelta comporta, né conoscono a priori le proprie preferenze. Piuttosto l’espressione di una preferenza è un processo dinamico che è influenzato dal contesto, dalla formulazione del problema, dal tipo di compito richiesto. È noto ad esempio l’“effetto di attrazione” (Huber, Payne & Puto, 1982; Hubert & Puto, 1983; Simonson & Tversky, 1992), e l’effetto di “compatibilità stimolo-risposta” (Shafir, 1993).
Le ricerche di Colombo et al. (2002) e Pasini, Colombo (2003) si pongono in questo filone di ricerche relative all’espressione di preferenza per studiare gli effetti combinati della “dominanza asimmetrica” e dell’“effetto di attrazione” e osservano che la presenza del decoy modifica maggiormente la preferenza delle alternative impoverite. Pasini, Colombo (2003) cercano di verificare se questo effetto continua ad essere presente anche in una situazione in cui la preferenza (alta o bassa) per una opzione non sia confusa con la variabilità. Lo studio evidenzia che la presenza del decoy ha l’effetto di aumentare la preferenza dell’opzione simile ma migliore. Inoltre il cambiamento si verifica maggiormente quando il decoy è dominato dall’alternativa impoverita, cioè in presenza di una terza opzione simile all’impoverita ma peggiore. I risultati raggiunti con quest’ultimo lavoro, tuttavia, pur facendo luce sugli aspetti relativi all’influenza della variabilità delle alternative in un compito di espressione di una preferenza, non affrontano la problematica dell’effetto di “compatibilità stimolo-risposta”, in quanto approfondiscono soltanto la condizione connessa alla scelta, e non al rifiuto.
Il piano di lavoro biennale prevede l’approfondimento dei meccanismi cognitivi che sottostanno alla presa di decisione, osservando in particolare in che modo può influire la modalità di risposta (analizzando il paradigma scelta/rifiuto) e il contesto (nell’ambito dell’“effetto di attrazione” determinato dalla presenza del decoy), e verificando l’eventuale interazione delle influenze esercitate da questi fattori.
Un modello teorico relativo alla misurazione di una preferenza, entro il quale le prossime ricerche intendono muoversi, è quello proposto da Payne, Bettman & Schkade (1997) che prevede la presenza di almeno tre fonti di varianza legate alla misurazione di questo costrutto: due tipi di errore sistematico e l’errore casuale. In particolare la preferenza osservata, secondo una prospettiva di teoria della misurazione, è data dal vero valore di preferenza (latente), al quale si aggiungono come fonte di disturbo, oltre all’errore casuale, anche due fonti di errore sistematico: una collegata a fattori cognitivi e una a fattori motivazionali. Ciò che interessa approfondire nell’ambito di questa ricerca è l’errore sistematico legato a fattori cognitivi, la presenza di euristiche, ovvero “scorciatoie” intraprese dal nostro ragionamento quando il carico cognitivo è troppo elevato e sarebbe antieconomico utilizzare in maniera totalmente razionale tutte le informazioni disponibili.
Un punto di partenza sarà quello di individuare alcune situazioni per le quali le osservazioni siano abbastanza costanti in termini di preferenza, sia ad alta che a bassa preferenza per l’alternativa arricchita. In secondo luogo si utilizzerà una procedura che permetta anche di controllare il tempo necessario alla persona per decidere. Infatti, in base alla teoria dell’accentuazione il fatto che in un compito di scelta si rispetti maggiormente l’andamento della preferenza generale che non in un compito di rifiuto (questo dato è confermato anche nei nostri esperimenti, con un coefficiente di correlazione con la preferenza generale per l’arricchita che è maggiore in scelta che in rifiuto), è legato all’utilizzo di una strategia maggiormente discriminatoria in un compito maggiormente coinvolgente come è quello di scegliere una alternativa. Il rifiutare, invece, non implica lo stesso coinvolgimento, portando ad una strategia meno analitica. Questa differente strategia dovrebbe risultare in tempi di reazione differenti in scelta e in rifiuto.
Oltre allo studio delle interazioni tra il fenomeno del rovesciamento della preferenza legato al compito (scelta/rifiuto) e l’effetto di attrazione generato dall’aggiunta di un decoy, si intende proseguire analizzando l’effetto dell’aggiunta del decoy lievemente migliore, in particolare in relazione alla situazione del rifiuto.
La discriminabilità degli attributi sembrerebbe essere un altro aspetto interessante nel tentativo di verificare la “teoria dell’accentuazione” di Wedell (1997). Infatti, come si è detto, Wedell sostiene che la dominanza della scelta sul rifiuto nel caso delle alternative ad alta preferenza e viceversa sia legata al fatto che nel compito di scelta il decisore tende a discriminare maggiormente tra gli attributi, adottando una strategia più analitica rispetto a quella che caratterizza la situazione di rifiuto. Si tratterebbe di un maggior coinvolgimento emotivo che il compito di scelta comporta, contrapposto ad una situazione come quella del rifiuto di una alternativa, che non impegna esplicitamente nei confronti dell’alternativa non rifiutata.
Per verificare se effettivamente scelta e rifiuto implicano diverse strategie a livello di discriminazione degli attributi, si intende manipolare la somiglianza tra gli attributi di diverse alternative.
Come si è accennato nella premessa, la preferenza osservata, secondo una prospettiva di teoria della misurazione, è data dal vero valore di preferenza (latente), più l’errore casuale, più due fonti di errore sistematico: un bias cognitivi e un bias motivazionale (Payne, Bettman & Schkade, 1997). Si intende stimare i parametri di un modello statistico (un modello connessionista e/o di equazioni strutturali), per verificare i legami tra gli attributi delle caratteristiche e la scelta delle alternative. Nella stima dei parametri verranno utilizzate le osservazioni raccolte negli esperimenti precedenti, suddividendo il campione in due parti, una per la stima dei parametri e una per la validazione del modello.
(per la bibliografia vedi il Progetto allegato)