Secondo la Terror Management Theory (TMT; Greenberg et al., 1986) oggetti o eventi che ci ricordano il nostro essere mortali sono parte essenziale della vita quotidiana e tipicamente inducono un’ansia paralizzante. Due tipi di difesa sono efficaci per la gestione di tale terrore: le difese prossimali e distali. Le prime si attivano quando la paura della morte è al centro dell’attenzione consapevole e consistono di tentativi volti a rimuovere il pensiero della morte dalla nostra consapevolezza. Le seconde si attivano quando i pensieri relativi alla propria morte sono accessibili, ma al di sotto della soglia di consapevolezza. Le difese distali coinvolgono due processi psicologici: la fede nella visione culturale del mondo – che dà significato all’esistenza umana – e il mantenimento dell’autostima – che consente agli individui di sentirsi membri di valore di una realtà dotata di significato. Recenti studi mostrano che individui affetti da Sindrome Post Traumatica da Stress (SPTS) non riescono ad attivare le difese distali (Chatard et al., 2012; Kesebir et al., 2011). In linea con tali risultati, si è ipotizzato che la sindrome del burnout possa avere gli stessi effetti. Questa ipotesi verrà verificata in uno studio sul campo, in cui si chiederà ai partecipanti si compilare un questionario contenente: (a) manipolazione di salienza della morte, (b) misura di burnout, (c) variabili dipendenti volte a rilevare l’autostima. I partecipanti saranno infermieri, una popolazione ideale per indagare la nostra ipotesi, dal momento che questi professionisti sono quotidianamente esposti sia al rischio di burnout che a stimoli che suscitano il pensiero della morte.