LA RELAZIONE VIOLENTA E IL RUOLO DEL MEDIATORE

Data inizio
1 ottobre 2011
Durata (mesi) 
24
Responsabili (o referenti locali)
Landuzzi Maria Gabriella

Lo studio, in continuità con lo scorso anno, intende osservare la violenza quale intreccio di aspetti relazionali che coinvolgono le sfere individuale e sociale, psicologica e culturale. In particolare, si intende riflettere su quali percorsi si possano attivare quando ci si trova di fronte ad una coppia o a rapporti familiari caratterizzati da elevata conflittualità e violenza, sia di natura verbale sia fisica.
In questo ambito di studio, il tipo di violenza cui ci si riferisce è in parte quella definita nel concetto di comportamento sostanzialmente violento del criminologo statunitense Lonnie Athens, quando parla di “quelle situazioni nelle quali la vittima è stata lesa essenzialmente a livello fisico”, oppure “violentata sessualmente…sotto la minaccia di danni fisici concreti” (Ceretti, Natali, La cosmologia degli attori violenti. L’inedita prospettiva di Lonnie Athens,Roma, Aracne, 2004). Ciò fa riferimento al rapporto maschio/femmina e alle relazioni familiari che risultano in questi casi soprattutto, improntati a rapporti di dominio (si veda ad esempio Bourdieu , Il dominio maschile, Milano, Feltrinelli, 1998); questo rapporto implica una violenza simbolica (così la definisce Bourdieu), una forma di violenza impercettibile che induce il dominato a incorporare schemi conoscitivi che svolgono una funzione di legittimazione del dominatore. Attenzione particolare verrà data al rapporto violento che ha per vittima un uomo.
La storia delle violenze intrafamiliari spesso si intreccia a quella delle sottomissioni, delle violenze “dolci”, irriconoscibili e invisibili per le stesse vittime che vengono esercitate essenzialmente attraverso le vie simboliche della comunicazione.
Appare per questo allora interessante riflettere se la mediazione possa essere un luogo di svelamento di queste violenze. In breve, la violenza intrafamiliare richiede ad esempio, che il mediatore non cada nella trappola di definire queste condotte come un semplice livello del conflitto o ancora che sia attento allo squilibrio di potere che si genera tra la vittima e il reo. In questa accezione, l’intervento di un terzo mediatore appare volto a introdurre un ordine simbolico capace di offrire agli individui uno spazio per differenziarsi: c'è mediazione quando il terzo neutrale permette ai soggetti di riconoscere “l'altro".
Ma i problemi che nascono nei casi di violenze intrafamiliari si riferiscono a comportamenti, conflitti e condotte che sono spesso profondamente insiti nella relazione e nel modo di essere della coppia, spesso non consapevoli o comunque non razionalizzati.





 Descrizione degli obiettivi del progetto di ricerca che si propone:

Lo studio (attraverso una ricerca di tipo bibliografico, interviste e colloqui in profondità con gli attori coinvolti come ad esempio mediatori ed esperti e, se possibile, “vittime” e/o “rei”) cercherà di analizzare e comprendere i fenomeni e le dinamiche complesse e violente che caratterizzano alcune esperienze di vita familiare (comprensive del ruolo assolutamente non secondario di coloro che assistono e sono testimoni di episodi di violenza, i figli) e come il ruolo della mediazione e del mediatore, in quanto spazio di dialogo, possa risultare positivo nel portare al riconoscimento e se possibile all’empowerment delle parti e possa contribuire a promuovere il cambiamento o favorire comportamenti atti a distanziarsi dal clima di violenza.




Enti finanziatori:

Finanziamento: assegnato e gestito dal Dipartimento

Partecipanti al progetto

Aree di ricerca coinvolte dal progetto
Società inclusive e pratiche di cittadinanza
SOCIOLOGY

Attività

Strutture

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